Nuovo slancio per le Startup Innovative

Tra le misure varate dal governo con il Decreto Rilancio (decreto-legge n. 34/2020) un ruolo non secondario va attribuito alle previsioni destinate a supportare e sviluppare le idee di business innovativi.

Merita anzitutto di essere segnalata la disposizione che mira al rafforzamento dell’ecosistema delle start up innovative (Art. 38), con cui sono inserite ulteriori norme volte a rafforzare il sostegno pubblico alla nascita e allo sviluppo di imprese innovative, agendo nell’ambito dello strumento agevolativo “Smart&Start Italia”  istituito con decreto del MiSE 24.09.2014 e finalizzato a promuovere, su tutto il territorio nazionale, le condizioni per la diffusione di nuova imprenditorialità e sostenere le politiche di trasferimento tecnologico e di valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata.

Detto rafforzamento viene perseguito, da un lato, attraverso un incremento della dotazione finanziaria dello strumento Smart&Start, dall’altro, ampliandone la capacità di azione. Con quest’ultimo intervento, il governo intende completare ed estendere il sostegno alle start up innovative attualmente limitato alle fasi iniziali di vita.  Dalla reazione illustrativa al Decreto Rilancio, infatti, si evince che lo strumento Smart&Start Italia è stato reso più flessibile e potenziato in modo da sopperire alle esigenze di liquidità delle start up innovative – evidentemente maggiori rispetto a quelle delle altre imprese di piccola dimensione – e/o alle loro esigenze di fondi per consolidarsi e fare scale up. A tal fine, è prevista la possibilità che le iniziative maggiormente “meritevoli” possano consolidare il proprio sviluppo attraversi apporti in termini di capitale proprio anche da parte di investitoti privati e istituzionali. Più in particolare, la conversione del prestito Smart&Start Italia a talune condizioni rappresenterà una spinta per favorire investimenti nel capitale sociale. In altri termini, il nuovo strumento potrà consentire la conversione del debito in uno strumento partecipativo accompagnato dall’ingresso nel capitale sociale di un investitore e/o aumento del capitale stesso, la cui restituzione sarà legata a rendimento aziendale.

La disposizione, come anticipato, interviene anche attraverso agevolazioni sotto forma di contributi a fondo perduto per l’acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori, acceleratori, innovation hub, business angels e altri soggetti, di fatto facilitando il networking nell’ecosistema dei business innovativi e così anche investimenti da parte di investitori qualificati. In tale contesto è previsto anche un incremento (€200 milioni) della dotazione del fondo di sostegno al ventur capital istituito con l. 145/2018 e una riserva di pari ammontare del fondo di garanzia delle PMI in favore delle start up innovative.

Viene inoltre previsto: a) un potenziamento degli effetti del credito d’imposta per R&D, in particolare ai fini della maggiorazione delle spese ammissibili, in favore delle start up innovative, che svolgono tali attività nell’ambito di contratti extra muros, attraverso una equiparazione delle start up innovative alle università e gli istituti di ricerca; b) una proroga di un anno la permanenza nella sezione speciale del registro imprese.

Va apprezzata, poi, l’introduzione di un regime fiscale agevolato rivolto esclusivamente alle persone fisiche che investono in start up o in PMI innovative. Questa misura, che sarà oggetto di altro più approfondito articolo, prevede una detrazione d’imposta pari al 50% della somma investita nel capitale sociale di una o più start-up innovative direttamente ovvero tramite OICR che investano prevalentemente in esse. L’investimento massimo detraibile non può eccedere €100.000 per anno e deve essere mantenuto per almeno 3 anni.

Da accogliere con favore è poi la istituzione di un fondo per il trasferimento tecnologico e altre misure urgenti per la difesa ed il sostegno dell’innovazione (Art. 42). In linea con le indicazioni europee, difatti, viene introdotta una misura urgente con cui si intende istituire presso il MiSE un Fondo per il Trasferimento Tecnologico per lo sviluppo e la crescita del Paese che, attraverso il soggetto attuatore, possa agire con urgenza ed efficacia per la finalità descritte attraverso le diverse forme consentite dall’ordinamento (convenzioni o assegnazioni dirette, accordi tra amministrazioni). La costituzione del “Fondo per il trasferimento tecnologico” è finalizzato alla promozione di iniziative e investimenti utili alla valorizzazione e all’utilizzo dei risultati della ricerca presso le imprese operanti sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle start-up e PMI innovative.

Tutte misure che, in definitiva, dovrebbero auspicabilmente poter rinvigorire il comparto delle start up e delle PMI innovative fortemente ridimensionato negli ultimi anni, salvo casi rari, e ora aggravato dall’avvento dell’emergenza COVID-19. Misure che, tuttavia, in considerazione del momento epocale, avrebbero forse potuto essere più coraggiose incidendo più efficacemente e stabilmente (non solo in via emergenziale) sull’intero ecosistema in discorso. E, in questa prospettiva, l’opportunità (più che l’auspicio) andrebbe riposta anche in interventi di riordino e consolidamento degli strumenti di raccolta e partecipazione al capitale come il crowdfunding.

 

Alessandro Foti

Le Autorità per la tutela dei consumatori e la Commissione Europea richiamano Airbnb al rispetto delle norme di tutela dei consumatori e ad una maggiore trasparenza

Il 16 luglio 2018, le Autorità nazionali per la tutela dei consumatori dei Paesi dell’Unione Europea, coordinati dalla Commissione, hanno inviato alla piattaforma online Airbnb una lettera contenente la loro posizione comune[1] sulle pratiche commerciali e i termini di servizio applicati dalla piattaforma, che consente a privati e professionisti di offrire in affitto sistemazioni per soggiorni brevi.

Le Autorità nazionali ritengono che le modalità in cui Airbnb presenta i prezzi delle sistemazioni offerte sul proprio portale ed alcune disposizioni contenute nelle sue condizioni di utilizzo non siano conformi alla Direttiva 2005/29/CE[2] sulle pratiche commerciali scorrette.

Per quanto riguarda la trasparenza dei prezzi, le Autorità evidenziano come a seguito di una ricerca generica indicando solo la località in cui si sta cercando una sistemazione od utilizzando determinate chiavi di ricerca, il sito presenti una serie di risultati con l’indicazione del prezzo per notte e il seguente avvertimento al fondo della pagina in cui vengono elencati i risultati: “Enter dates to see full pricing. Additional fees apply. Taxes may be added after login”. Inoltre, anche la homepage del sito web di Airbnb mostra una selezione di proposte per le quali viene indicato il prezzo per notte, ma quando si seleziona una di queste proposte il prezzo indicato è talvolta superiore a quello presentato nella homepage.

Le Autorità ricordano che ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera c) della Direttiva 2005/29/CE, nel caso di un invito all’acquisto devono essere indicati “… il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l’indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore…”. Secondo le Autorità, il fatto di indicare nei risultati della ricerca, sia essa generica o specifica, il prezzo per notte, senza indicare il costo del servizio, delle pulizie o di altre spese aggiuntive e tasse che potrebbero essere ragionevolmente calcolate in anticipo rappresenta una pratica commerciale sleale ai sensi della Direttiva 2005/29/CE.

In secondo luogo, le Autorità evidenziano che sulla base degli Hosting Standards di Airbnb anche alcuni operatori professionali sono autorizzati ad utilizzare la piattaforma per offrire i propri servizi alberghieri. Tuttavia, nei risultati delle ricerche effettuate sul sito, non compare alcuna distinzione tra le sistemazioni offerte dai privati e quelle offerte da un professionista. Ai sensi degli articoli 6, paragrafo 1, lettera f), e 7 paragrafi 1, 2 e 4, lettera b), della Direttiva 2005/29/CE, una pratica è considerata ingannevole quando è suscettibile di fuorviare il consumatore con riguardo alla natura o identità del professionista o di celare tali informazioni. Airbnb dovrebbe dunque consentire agli operatori professionali che operano sulla sua piattaforma di identificarsi come tali.

In un servizio come quello di Airbnb che ha reso possibile l’accommodation sharing, la distinzione tra operatori professionali e ospiti privati può influenzare le decisioni dei consumatori che utilizzano la piattaforma per prenotare una sistemazione, oltre ad avere conseguenze sulle norme di tutela dei consumatori applicabili nel caso specifico.

Inoltre, Airbnb dovrebbe impegnarsi ad inserire sul proprio sito web un link facilmente accessibile per la risoluzione online delle controversie e tutte le informazioni relative a norma del Regolamento (UE) n. 524/2013 sulla risoluzione delle controversie online dei consumatori[3], poiché attualmente sono presenti solo un contatto telefonico e l’indirizzo di Airbnb Payments UK Ltd.

Per quanto riguarda le condizioni di utilizzo, le Autorità ricordano che ai sensi della Direttiva 93/13/CE[4] sulle clausole contrattuali abusive, le condizioni generali non devono creare un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti a scapito del consumatore, e che tali condizioni generali devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile affinché il consumatore sia informato dei suoi diritti in modo altrettanto chiaro e comprensibile. Nel caso di Airbnb, le Autorità contestano che, ad esempio:

  • la società non deve indurre i consumatori ad adire un giudice di un Paese diverso da quello del loro Stato Membro di residenza;
  • Airbnb non può decidere unilateralmente e senza motivazione quali clausole restino in vigore in caso di risoluzione del contratto;
  • Airbnb non può privare i consumatori dei loro diritti fondamentali a citare in giudizio un soggetto che dà ospitalità in caso di danno alle persone o di altra natura;
  • Airbnb non può modificare unilateralmente le clausole e le condizioni, senza informare chiaramente i consumatori in anticipo e senza dar loro la possibilità di recedere dal contratto;
  • le clausole di utilizzo non possono conferire ad Airbnb un potere illimitato e discrezionale di rimozione dei contenuti;
  • la denuncia o la sospensione di un contratto da parte di Airbnb deve essere motivata, disciplinata da regole chiare e non deve privare il consumatore del diritto ad un congruo indennizzo o del diritto di presentare ricorso;
  • la politica di Airbnb in materia di restituzioni e rimborsi, e la raccolta delle richieste di risarcimento devono essere chiaramente definite e non devono privare i consumatori dei loro diritti di avvalersi dei mezzi di ricorso disponibili.

 

La lettera delle Autorità nazionali si conclude con l’invito indirizzato ad Airbnb ad inviare, entro il termine di due mesi, una risposta che illustri le variazioni che la piattaforma intende introdurre per rendersi pienamente conforme alla legislazione europea sulla tutela dei consumatori. Nel caso in cui le misure proposte non dovessero essere considerate soddisfacenti, le Autorità potrebbero adottare misure coercitive.

La lettera contenente la posizione comune delle Autorità nazionali per la tutela dei consumatori rappresenta un’azione coordinata adottata ai sensi dell’articolo 9 del Regolamento (CE) 2006/2004[5] sulla cooperazione per la tutela dei consumatori; il secondo comma di tale articolo stabilisce che “… nel caso in cui le autorità competenti vengano a conoscenza di una infrazione intracomunitaria che arrechi pregiudizio agli interessi dei consumatori di più di due Stati membri, le autorità competenti interessate coordinano il loro intervento e chiedono l’assistenza reciproca attraverso l’ufficio unico di collegamento. In particolare, esse si adoperano per svolgere le indagini e applicare le misure esecutive contemporaneamente…” creando una vera e propria rete di cooperazione per la tutela dei consumatori (Consumer Protection Cooperation – o CPC – network).

La Commissione viene informata anticipatamente di questo tipo di azioni e svolge un ruolo di coordinamento al fine di assicurare un’applicazione omogenea delle norme all’interno del mercato unico. La cooperazione può essere attivata anche per far applicare coattivamente gli strumenti legislativi di tutela del consumatore, in particolare, la direttiva sulle pratiche commerciali sleali, la direttiva sui diritti dei consumatori[6] o la direttiva sulle clausole contrattuali abusive[7].

Ulteriori posizioni comuni assunte dal CPC network con il conseguente invio di una lettera di contestazione alle imprese interessate avevano in passato avuto ad oggetto il programma di richiamo e riparazione delle vetture Volkswagen coinvolte nello scandalo del Dieselgate[8], le frodi e la rimozione di contenuti illegali presenti sui social media[9], la trasparenza dei prezzi e delle condizioni contrattuali applicati dalle società di autonoleggio[10], la differenza di qualità dei prodotti alimentari tra gli Stati Membri[11] e gli acquisti in-App, in particolare con riferimento ai giochi online pubblicizzati come gratuiti[12].

 

Roberto A. Jacchia

Davide Scavuzzo

 

[1]Common position of national authorities within the CPC Network on the commercial practices and the terms of service of Airbnb Ireland, disponibile al seguente LINK.

[2]Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»). GUUE L 149 dell’11.06.2005

[3]Regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (regolamento sull’ODR per i consumatori). GUUE L 165 del 18.06.2013.

[4]Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. GUUE L 95 del 21.04.1993.

[5]Regolamento (CE) n. 2006/2004 del parlamento Europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori («Regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori»). GUUE L 364 del 09.12.2004.

[6]Direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. GUUE L 304 del 22.11.2011.

[7]Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. GUUE L 95 del 21.04.1993.

[8]Si veda il seguente LINK.

[9]Si veda il seguente LINK.

[10]Si veda il seguente LINK.

[11]Si veda il seguente LINK.

[12]Si veda il seguente LINK.

Startup innovative: al nastro di partenza la nuova semplificazione per modificare atto costitutivo e statuto

Dal 22 giugno 2017 le startup innovative (e gli incubatori certificati) costituite online con firma digitale potranno modificare il proprio atto costitutivo e statuto utilizzando una procedura semplificata online.

È questa, in sintesi, la misura attuativa prevista dal decreto firmato il 4 maggio scorso (clicca qui per visualizzarlo) che si innesta nell’ambito del più ampio piano di governo volto a facilitare la nascita e lo sviluppo di queste realtà innovative secondo gli standard prescritti dal Codice dell’Amministrazione Digitale (DLgs  7  marzo  2005,  n.  82). Con i precedenti provvedimenti (approvati con decreti del 17 febbraio e 7 luglio 2016), il MiSE aveva difatti già emanato la disciplina della nuova modalità di costituzione online delle startup innovative costituite in forma di SRL definendone le modalità di redazione (si veda il nostro articolo).

Con il successivo decreto ministeriale del 28 ottobre 2016, come anticipato in un nostro precedente comunicato, è stata quindi estesa la nuova modalità digitale alle modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto che la startup innovativa e/o l’incubatore certificato può mettere in atto successivamente alla propria costituzione.

In termini pratici, l’elemento innovativo, introdotto da queste misure ministeriali, risiede dunque in una semplificazione delle modalità di costituzione di tali imprese innovative – anche ai fini della iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese presso le camere di commercio –  nonché degli atti relativi ad eventi a questa successivi, quali appunto sono le modifiche dell’atto costitutivo o dello statuto.

Con il decreto del 4 maggio, si completa l’iter attuativo delle misure di digitalizzazione, grazie alle quali gli atti relativi alle fasi principali della vita delle stratup innovative potranno, in deroga alle ordinarie prescrizioni di legge che impongono la forma solenne dell’atto pubblico (art. 2463 cc), essere validamente formati e trasmessi anche in forma elettronica e, dunque, senza la necessaria presenza di un notaio rogante.

Come chiarito nel decreto, la predisposizione degli atti modificativi dovrà avvenire in un formato elaborabile Xml al quale verrà attribuito un numero di registrazione, prima che venga trasmesso  (tramite “Comunica”) all’ufficio competente per l’automatica protocollazione e le verifiche del caso (per approfondimenti sul punto si veda il nostro intervento).

 

Alessandro Foti

Startup e PMI innovative: stretta del MiSE sui controlli – PARTE II

Nel nostro precedente articolo (clicca qui per accedervi) abbiamo anticipato alcune tra le più rilevanti indicazioni fornite dal MiSE con la circolare 3696 del 14 febbraio 2017 cui gli uffici del registro delle imprese dovranno attenersi in sede di verifiche preventive e dinamiche sulle startup innovative.

Nel presente contributo tratteremo gli aspetti della circolare che attengono specificamente alle PMI.

La circolare è reperibile al seguente indirizzo: goo.gl/7ypyzp

 

PMI INNOVATIVE

Verifiche preventive

In ordine al primo requisito (forma giuridica dell’impresa) valgono anche per le PMI le medesime indicazioni fornite in relazione alle start up innovative. Tali indicazioni, rammenta il MiSE, devono essere coordinate, per quanto attiene il dato dimensionale, con la raccomandazione comunitaria 2003/361/CE. Al riguardo, in particolare, gli elementi da verificare a cura degli uffici sono sostanzialmente due: (i) il numero dei dipendenti inferiore a 250 e (ii) il fatturato non superiore a 50 milioni di euro o totale di bilancio non superiore a 43 milioni di euro. Tali indicatori, ove disponibili, potranno essere reperiti dai dati in possesso degli uffici in via diretta (fatturato e totale di bilancio) o in via indiretta (numero degli addetti), ovvero, nei casi incerti potrà essere presentata istanza alla “Commissione per la determinazione della dimensione aziendale ai fini della concessione di aiuti alle attività produttive” istituita presso il MiSE.

Con riferimento all’accertamento del requisito della residenza il MiSE rinvia, per quanto compatibili, ai chiarimenti forniti per le startup innovative.

Quanto al requisito della presentazione del bilancio certificato viene chiarito che in sede di iscrizione della società in sezione speciale gli uffici sono tenuti a differenziare la verifica in ragione della società interessata. Nello specifico per le società obbligate per legge a certificare il bilancio sarà accertato che esse lo abbiano fatto conformemente a quanto prevede il decreto di “revisione legale” (D.lgs n. 39/2010), mentre per le società per le quali detto obbligo non sussiste, gli uffici verificheranno che sia stata depositata la cd. “certificazione volontaria” antecedentemente alla richiesta d’iscrizione in sezione speciale. Si tratta evidentemente dell’atto aggiuntivo, successivo alla approvazione del bilancio, reso da un revisore su incarico dato dagli amministratori ma che non è soggetto ad approvazione da parte dell’assemblea.

Per quanto attiene al requisito negativo della quotazione delle azioni in un mercato regolamentato e di quello della iscrizione della società nella sezione speciale delle startup innovative, potranno applicarsi i medesi criteri di verifica già esaminati per le startup innovative.

Con rifermento, poi, ai requisiti positivi il Ministero evidenzia due differenze rispetto a quelli illustrati per le startup innovative: “La prima è che nelle PMI innovative i requisiti restano alternativi, ma necessariamente devono essere almeno due, a fronte di una riduzione dei coefficienti nel caso delle spese di ricerca e sviluppo e di personale addetto. La seconda differenza, più strutturale, si ricollega alla necessaria attività della società precedente all’iscrizione in sezione speciale. “ .

Infine, il MiSE rinvia integralmente anche per gli altri due requisiti co-alternativi a quanto evidenziato in materia di startup innovative.

 

Verifiche dinamiche

Per ciò che concerne la prima verifica “in itinere” ed i requisiti co-alternativi, il MiSE conferma che vale quanto rilevato in materia di startup.

Il Ministero si sofferma invece sulla verifica annuale della esistenza di una certificazione di bilancio che, una volta iscritta la PMI in sezione speciale, diviene una vera e propria certificazione legale secondo quanto previsto dal richiamato decreto di “revisione legale”.  Tale indicatore, difatti, assume particolare rilievo posto che la perdita dei requisiti o il mancato deposito della dichiarazione sono sanzionabili con la cancellazione dalla sezione speciale e quindi con la fuoriuscita dal regime agevolato. Si tratta dunque di comportamenti omissivi cui potrà porsi rimedio accedendo all’istituto del “ravvedimento operoso” sempreché, naturalmente, tale procedura sia perfezionata prima dell’avvio del procedimento di cancellazione da parte dell’ufficio. Il Ministero rammenta inoltre che nei casi in cui si configurino le predette violazioni resta comunque fermo il potere degli uffici di irrogare la sanzione pecuniaria per ritardato adempimento di un obbligo previsto dalla legge.

Da ultimo, con riferimento all’adempimento dell’“aggiornamento annuale” il MiSE invita gli organi preposti ad allertare le PMI innovative, con ragionevole anticipo, della necessità di provvedervi. Ciò, in particolare, precisa il Ministero, sarebbe opportuno, anzitutto, nell’ottica di una più ampia cooperazione tra impresa ed uffici, ma anche, e non meno importante, al fine di minimizzare l’applicazione dei rimendi previsti in caso di ritardo od omissione dell’adempimento.

 

Alessandro Foti

Startup e PMI innovative: stretta del MiSE sui controlli – PARTE I

Il Ministero dello Sviluppo Economico è intervenuto sul delicato tema dei controlli finalizzati alle iscrizioni (cdd. verifiche preventive) ed ai successivi adempimenti (cdd. verifiche dinamiche) riguardanti startup e piccole e medie imprese innovative. Con la corposa circolare 3696 del 14 febbraio 2017, il MiSE non si è limitato ad impartire talune linee guida, cui gli uffici del registro delle imprese dovranno attenersi in sede di verifiche, ma ha anche fornito preziosi chiarimenti sia per le imprese che per i consulenti coinvolti a vario titolo in quest’ambito.

Per ragioni di semplicità abbiamo suddiviso gli argomenti trattati nella circolare in due parti; nel presente documento ci occuperemo delle indicazioni riferibili alle startup innovative mentre nel secondo tratteremo quelle relative alle PMI.

La circolare è reperibile al seguente indirizzo: goo.gl/7ypyzp

 

STARTUP INNOVATIVE

Verifiche preventive

Il primo dei requisiti che gli uffici devono verificare attiene alla forma societaria poiché, come prescritto dalla norma, ai fini dell’iscrizione dell’impresa innovativa nell’apposita sezione del registro, è necessario che essa sia costituita quale società di capitali non quotata. L’accertamento di questo requisito non presenta particolari ostacoli per le imprese italiane posto che tale informazione è presente proprio nei database delle camere di commercio ovvero, per quanto riguarda il requisito negativo della mancata quotazione, in quello della CONSOB. Anche per quanto riguarda le imprese comunitarie o dello SEE, non pare vi siano particolari problematiche da segnalare, rispetto ad esse peraltro, a partire dal giugno del 2017, dovrebbe trovare definitiva implementazione il B.R.I.S. (business registers interconnection system) un sistema che consentirà agli uffici coinvolti nelle verifiche nei vari paesi di scambiare le informazioni dei registri delle imprese in base a quanto previsto dalla direttiva 2002/17/UE.

Il secondo requisito si riferisce all’ “età” dell’impresa. Ai fini dell’iscrizione si richiede infatti che essa sia costituita da non più di sessanta mesi, dove per costituzione deve intendersi la data di costituzione e non già quella in cui ha avuto inizio l’attività o l’impresa è stata iscritto al registro delle imprese. Naturalmente il requisito presuppone che l’impresa sia già costituita (da almeno un anno) e non invece una neo-impresa per la quale è implicito, e dunque non necessario, l’accertamento.

Il terzo requisito attiene alla residenza dell’impresa. Al riguardo la norma rinvia alla disposizione del testo unico delle imposte sui redditi (art. 73 del Dpr 917/1986) secondo la quale, in estrema sintesi, si considera residente in Italia la società che per almeno 183 gg. ha la sede legale, dell’amministrazione o l’oggetto principale dell’attività in Italia. Assumono rilievo poi le condizioni che la disciplina pone affinché una società, costituita secondo una giurisdizione di uno dei Paesi dell’Unione o dello SEE, e che sia stabilita principalmente in un Paese differente dall’Italia, possa godere del regime di favore previsto dalla normativa italiana per le startup innovative. Si tratta in sostanza di accertare, secondo i dettami della giurisdizione domestica, se tali imprese abbiano o meno una “sede produttiva” o una “filiale” in Italia. Nello specifico, il MiSE precisa che rientrano nella prima categoria tanto la sede secondaria quanto l’unità locale di impresa “estera” mentre, per quanto attiene al concetto di “filiale”, potrà farsi utilmente riferimento alla direttiva 89/666/CE (cd. XI direttiva).

Sempre con riguardo alle verifiche da effettuare nella fase di iscrizione, il MiSE si sofferma sul requisito dell’oggetto sociale esclusivo o prevalente della società rispetto al quale si sono registrate talvolta posizioni disomogenee da parte degli uffici camerali specialmente sul significato da attribuire alla locuzione “sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti e servizi innovativi ad alto valore tecnologico”. Ebbene, sul punto la circolare suggerisce un’”approccio teleologico” ossia fondato sulle finalità complessive della normativa. Al tal fine, il Ministero evidenzia l’importanza della valutazione di taluni elementi/requisiti quali: documentabilità del requisito dell’innovazione in relazione all’oggetto sociale onde valutarne la sua innovatività ad alto valore tecnologico; descrizione dell’effettiva attività svolta; esistenza di un sito web o in sua assenza presentation deck; eventuale incubazione.

Ulteriori precisazioni concernono i controlli preliminari sull’individuazione dei tre requisiti alternativi di cui almeno uno dev’essere necessariamente posseduto dalla società per poter essere definita startup innovativa.

In particolare, viene giustamente confermato che, per le startup costituite a norma del DM 17 febbraio 2016 (clicca qui per maggiori info), i requisiti della ricerca e sviluppo, del personale qualificato, delle privative, potranno essere accertati dagli uffici sulla base delle “dichiarazioni d’intento”.

Più in generale, con riferimento a tutte le startup innovative comunque costituite, il Ministero che la percentuale delle spese in ricerca e sviluppo, sarà oggetto di verifica e valutazione da parte degli uffici nei limiti della documentazione loro disponibile senza dunque poteri ispettivi. In merito al requisito della percentuale di dipendenti “qualificati”, viene chiarito che l’analisi degli uffici dovrà avere un triplice carattere: (i) sostanziale, ossia basata sulla valutazione delle figure lavorative previste dalla normativa giuslavoristica vigente (dipendente, parasubordinato etc.), (ii) quantitativa, ossia del controllo che l’apposito campo informativo compilato dall’impresa descriva i titoli accademici più elevati conseguiti dai membri del team, facendo emergere con chiarezza il conseguimento della percentuale abilitante, anche avvalendosi delle indicazioni fornite dalla società nell’autocertificazione; e (iii) qualitativa, che attiene alla verifica della rispondenza della percentuale alle specializzazioni del personale.

Infine, relativamente alle startup innovative a vocazione sociale, il MiSE rileva la necessità di una verifica formale della presenza del Documento di Descrizione di Impatto Sociale. Per tali imprese, in particolare, occorre che gli uffici tengano conto tanto del profilo innovativo ad alto valore tecnologico dell’oggetto sociale, quanto di quello ulteriore dell’attività svolta in via esclusiva in uno dei settori ad impatto sociale previsti dalla normativa.

 

Verifiche dinamiche

Nell’ambito dei controlli in itinere la circolare anzitutto riferisce che gli uffici sono chiamati a verificare sia la sussistenza sia la perdita fisiologica dei requisiti per decorso del termine massimo fissato dalla norma.

Con riguardo al mantenimento dei requisiti gli uffici sono essenzialmente chiamati a riscontrare la coerenza delle dichiarazioni contenute nell’atto di “conferma” depositato dalle imprese interessate; tuttavia, sebbene in taluni casi la conferma dei requisiti può essere assunta così com’è (si pensi alla verifica del tipo societario) in altri casi, invece, sarà opportuno riverificarli ex novo (è il caso della quotazione, della distribuzione degli utili, del valore annuale della produzione). Analogamente, gli uffici procederanno alla verifica della sussistenza dei requisiti alternativi concernenti il personale e le spese di ricerca e sviluppo, essendo invece in sostanza non modificabile (salvo casi particolari) quello delle privative e dei software.

Per quanto attiene la perdita dei requisiti, viene rammentato che il 18 dicembre 2017 si esaurirà lo speciale regime previsto per le società già esistenti alla data di entrata in vigore della norma, e quindi, a partire da quella data, le cancellazioni dalla sezione speciale non prevedranno più scaglioni preformati, ma saranno regolate in via automatica (o automatizzabile) sulla data di iscrizione della società in sezione speciale.

 

Alessandro Foti

Start up innovative: Modalità di costituzione delle società a responsabilità limitata

È percorribile facoltativamente e in via alternativa, rispetto a quanto ordinariamente previsto dal codice civile, la modalità di costituzione delle start-up innovative sotto forma di società a responsabilità limitata, pertanto, a seconda dei casi, gli uffici potranno continuare a iscrivere in sezione ordinaria e speciale start-up costituite nella forma di s.r.l. con atto pubblico. Sono queste alcune delle indicazioni pervenute dal Ministero dello Sviluppo Economico (“MISE”) con circolare 3691/C del 1 luglio 2016 e finalizzate ad illustrare la disciplina attuativa contenuta nel Decreto ministeriale 17 febbraio 2016 (“DM”) e nel decreto direttoriale 1 luglio 2016 “DR”).

Viene chiarito, anzitutto, che la scelta di concentrare la regolamentazione sul tipo societario della s.r.l. è essenzialmente dovuta a due ragioni: in primo luogo la rilevanza numerica delle start-up iscritte in sezione speciale e costituite in forma di s.r.l. (che rappresentano ad oggi oltre l’80% del numero complessivo delle start-up); in secondo luogo, si è tenuto conto del regime particolarmente favorevole, che il legislatore ha riservato alle start-up s.r.l. (e.g, la disciplina relativa alle diverse categorie di quote, all’equity crowdfunding, etc.).

Va detto poi che già nei primi mesi di quest’anno, al fine di dare concreta attuazione alle norme agevolative previste per la costituzione di tali tipologie d’imprese, il Ministero aveva elaborato un modello standard di atto costitutivo e statuto di s.r.l. secondo la procedura derogatoria delle norme codicistiche. Nello specifico, in adesione alla delega normativa, veniva regolato esclusivamente il modello standard alternativo, rimanendo disciplinato dal codice civile, dalla legge 89 del 1913 (cd legge notarile) e dalle altre norme di sistema, l’ordinaria costituzione tramite atto pubblico.

È importante ricordare che a partire dal 20 luglio 2016 per costituire una startup innovativa in forma di S.R.L., in alternativa all’atto pubblico, è possibile utilizzare il modello standard tipizzato sottoscritto con firma digitale dai contraenti. Il modello standard tipizzato può essere redatto attraverso software disponibili sul mercato, oppure con il servizio “base” Atti Startup realizzato da InfoCamere (http://startup.registroimprese.it/startup/index.html). Il servizio consente di predisporre per via telematica un atto costitutivo startup in forma di S.R.L. in modo semplice e guidato, secondo i dettami della normativa vigente.

Il MISE precisa che con il DM sono state anche delineate le modalità di deposito e conseguente iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese; si tratta di regole formali a cui i depositanti e gli uffici dovranno attenersi ai fini dell’espletamento della formalità che, lo si ricorda, ha efficacia costitutiva.

In particolare, si richiede la sottoscrizione elettronica a norma del codice dell’amministrazione digitale (“CAD”), da parte di ciascun contraente (o da parte dell’unico sottoscrittore, nel caso di s.r.l. unipersonale) da apporre sul documento elettronico, senza possibilità di prevedere modalità di sottoscrizione alternative, soprattutto al fine di consentire le necessarie e corrette verifiche degli uffici (ai sensi della direttiva del 16 settembre 2009, n. 2009/101/CE e delle norme antiriciclaggio).

In pratica, l’onere formale degli atti costitutivi risulterà assolto quando riporterà l’impronta digitale di ciascuno dei (o del) sottoscrittori, e quando esso accede a un documento informatico, nel rispetto del CAD. Ne consegue che non assolve tale onere il documento nato su supporto analogico, sottoscritto autografamente dai contraenti e poi successivamente scansionato e trasmesso (anche se sullabasedelle specifiche tecniche di cui al DR) all’ufficio del registro delle imprese (cfr. nota alla Camera di commercio di Padova del 7/12/2015, prot. 265996).

Sempre ai fini del rispetto dell’onere formale, la circolare chiarisce che il DM richiede anche che, ai fini del rispetto del principio della consensualità (di cui all’articolo 1325 cc), in caso di atto plurilaterale, tutte le sottoscrizioni debbano essere apposte entro 10gg.

Con riguardo alle verifiche che gli uffici dovranno porre in essere ai fini dell’iscrizione in sezione ordinaria (iscrizione propedeutica a quella in sezione speciale), il MISE specifica che essi alternativamente eseguiranno dei controlli preventivi giurisdizionali, amministrativi o in assenza di entrambi dell’atto pubblico. Più in dettaglio, stante l’efficacia costitutiva della formalità in parola, l’ufficio del registro delle imprese, all’atto dell’iscrizione in sezione ordinaria della s.r.l. start-up costituita sulla base del modello standard sottoscritto a norma del CAD, potrà porre in essere quattro tipi di controllo: di mera legalità formale, di legalità formaleallargatanelrispetto della regolamentazione UE, di legalità formale dedicata, di verifica antiriciclaggio. A titolo esemplificativo, l’ufficio ricevente dovrà verificare che, al di là della pertinenza nell’oggettosocialedelconcettodiproduzione,sviluppoe commercializzazione di un bene o un servizio innovativo, esso sia lecito, possibile, determinato o almeno determinabile. In ogni caso, precisa la circolare, l’ufficio è chiamato anche a verificare la capacità giuridica e di agire del o dei costituenti; la condizione patrimoniale dei sottoscrittori; che in caso di conferimenti in natura sia rispettato il disposto dell’articolo 2343 del codice civile, come richiamato dall’articolo 2463 del codice civile; la capacità giuridica del o dei comparenti,daverificarsi soprattutto con riferimento all’eventuale presenza di pene accessorie a condanne penali di natura interdittiva o inabilitativa specifica. Si tratta, in pratica, di verifiche che nella maggior parte dei casi gli uffici effettuano ordinariamente al momento dell’iscrizione.

Fermo quanto già descritto l’ufficio avrà anche cura di verificare quanto segue: con riferimento a cittadini comunitari ed extracomunitari non a conoscenza della lingua italiana (fermo restando il criterio del bilinguismo nelle aree geografiche individuate dalle rispettive norme), che il testo sia in duplice lingua, che la conformità della traduzione sia asseverata , che il cittadino non a conoscenza della lingua sia assistito da traduttore o interprete di propria fiducia, che sottoscriverà digitalmente l’atto, indicando la propria qualità;

Attengono invece a verifiche finora non praticate dagli uffici quelle previste dalla disciplina antiriciclaggio la quale, tuttavia, non può certo essere disattesa nel caso in cui vengano costituite start-up ai sensi della procedura di cui si discute. Sul punto il MISE specificamente chiarisce che, sebbene tali uffici non siano inclusi nell’alveo di figure istituzionali chiamate a compiere verifiche del genere, ai fini di garantirne il compimento si ritiene di poter equiparare codesti uffici ai professionisti individuati dal legislatore della normativa antiriciclaggio.

Da ciò consegue che agli uffici, inter alia, spetterà il compito di adeguata verifica del titolare effettivo nonché di segnalare eventuali operazioni sospette, da individuarsi secondo i criteri e gli indicatori dettati dalla normativa in materia. Nella circolare in parola, viene anche precisato che laddove la sottoscrizione dell’atto costitutivo avvenga non all’interno dell’ufficio, ma in via remota e ove l’ufficio non possa provvedere all’identificazione de visu del o deicontraenti,sarà consentito a talune condizioni, l’utilizzo del dispositivo di firma digitale.

Naturalmente, le verifiche da parte degli uffici in materia antiriciclaggio, sono perviste nelle sole ipotesi di atto costitutivo non autenticato dal notaio o dall’ufficio assistenza qualificata alle imprese (“AQI“) presso le Camere di commercio. Poiché, diversamente, su tali soggetti incomberebbero tutti gli adempimenti antiriciclaggio.

La circolare del MISE evidenzia inoltre i possibili esiti della mancata iscrizione in sezione speciale della start-up, distinguendo due fattispecie completamente differenti. Nella pima si è in presenza di non iscrizione genetica nella sezione speciale e conseguente non iscrizione anche nella sezione ordinaria, nel qual caso saranno esperibili gli ordinari rimedi. Diverso è il caso in cui la cancellazione successiva dalla sezione speciale, in tale ipotesi infatti è consentito il mantenimento dell’iscrizione in sezione ordinaria.

Qualora invece le parti contraenti si avvalgano dell’autentica prestata dall’ufficio AQI, dovendo gli uffici camerali svolgere tutti gli accertamenti riconnessi all’autentica, la verifica del medesimo ne consente l’immediata iscrizione in sezione ordinaria e speciale e l’eventuale immediato avvio dell’attività. In queste ipotesi dovendosi procedere alla autenticazione delle sottoscrizioni digitali dei contraenti de visu, il Conservatore o la persona da esso delegata, dovrà verificare direttamente (e non per tabulas) il consenso dei contraenti stessi, che costituisce l’elemento fondamentale della “non contrarietà all’ordinamento giuridico”.

Il decreto "investiment impact" estende le agevolazioni alle PMI innovative

Il decreto “investiment impact” estende le agevolazioni alle PMI innovative

Riposizionare l’Italia nelle graduatorie internazionali per diffusione di imprese ad alto valore innovativo e tecnologico.

E’ questa la finalità dei recenti interventi normativi varati dal governo Renzi per favorire la proliferazione d’investimenti in imprese vocate all’innovazione. Il riferimento è, inter alia, all’art. 4 del Decreto Legge 24 gennaio 2015, n. 3 (“Decreto”) che introduce la categoria delle Piccole e Medie Imprese “Innovative” (“PMII”) estendendo a tali imprese le misure agevolative previste a favore delle start-up innovative. Nello specifico, la nuova disciplina applicabile dal 25 gennaio 2015 è diretta alle PMI non quotate in mercati regolamentati con bilancio certificato e in possesso di almeno due tra i seguenti tre requisiti:

1) effettuare spese per ricerca e sviluppo almeno pari al 3 per cento della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione;

2) impiegare personale altamente qualificato in misura almeno pari a 1/5 della forza lavoro complessiva;

3) essere detentrici, licenziatarie o depositarie di un brevetto o di un software registrato presso la SIAE.

Il Decreto a tal fine istituisce una sezione apposita del registro delle imprese in cui devono iscriversi le PMI e individua le informazioni da comunicare nonché la frequenza degli aggiornamenti delle comunicazioni obbligatorie. Tra le misure di favore mutuate dalla normativa sulle start-up ed ora estese alle PMII vale la pena rammentare: la disapplicazione della fiscalità su società di comodo e in perdita sistematica; la possibilità di creare categorie di quote di partecipazione prive di diritto di voto; l’esenzione da diritti camerali e imposte di bollo; la possibilità di remunerare amministratori, dipendenti e collaboratori con l’attribuzione di strumenti finanziari (work for equity); la possibilità di raccogliere fondi attraverso portali web di equity crowdfunding.

Agevolazioni  estese anche agli investitori nel capitale delle PMI costituite da non oltre 7 anni, i quali infatti potranno beneficiare del regime fiscale di favore per persone fisiche e giuridiche consistente nella detassazione pari rispettivamente al 19 per cento e 20 per cento delle somme investite. L’intervento del governo, teso al riconoscimento dello status di PMI, è un passaggio fondamentale da accogliere positivamente specialmente in un ottica di sensibilizzazione e promozione di un nuovo approccio culturale tra le PMI. Va apprezzato, poi, anche perchè rende tali imprese maggiormente identificabili da parte di possibili investitori che riconoscono nell’innovazione un elemento distintivo.

 

Alessandro Foti