De Berti Jacchia finalista nella categoria Food dei Legalcommunity IP&TMT Awards 2020

De Berti Jacchia è finalista nella categoria “Studio dell’anno – Food” e la partner Giovanna Bagnardi è finalista nella categoria “Avvocato dell’anno – Food”.

Inoltre, lo Studio è finalista nelle seguenti categorie dei Legalcommunity IP&TMT Awards 2020:

  • Studio dell’anno Marchi e Brevetti
  • Avvocato dell’anno Marchi e Brevetti – Roberto A. Jacchia
  • Studio dell’anno Design
  • Avvocato dell’anno Design – Matteo Biondetti
  • Studio dell’anno Life Sciences
  • Avvocato dell’anno Life Sciences – Roberto A. Jacchia
  • Studio dell’anno Fashion
  • Avvocato dell’anno Fashion – Roberto A. Jacchia e Matteo Biondetti
  • Studio dell’anno Food
  • Avvocato dell’anno Food – Giovanna Bagnardi
  • Studio dell’anno Contenzioso

Il Progetto “Going Digital” dell’OCSE. Sfide e prospettive per la politica internazionale nell’era digitale

Premessa

La rapidità con cui la tecnologia sta trasformando la società impone delle riflessioni sulla tenuta dell’attuale sistema giuridico, politico e sociale – pensato e fondato, nei sui elementi strutturali, in, e per, un’epoca “analogica” – all’impatto con il fenomeno digitale.

Sul fronte dello studio dei fenomeni digitali più dirompenti e delle prospettive sul loro possibile utilizzo futuro a beneficio della collettività si sta muovendo concretamente e proattivamente l’OCSE (“Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico”)[1] della quale, tra i progetti messi in campo, merita di essere menzionato “Going Digital” (di seguito in breve anche “Progetto”)[2]. In estrema sintesi, il Progetto – sviluppato lungo due fasi nel quadriennio 2017/2020 – coinvolge la maggior parte delle Direzioni dell’OCSE e dei suoi comitati direttivi assumendo un approccio multidisciplinare nell’esame degli impatti su un ampio raggio di aree politiche dei governi (e.g., lavoro, istruzione, scienza e innovazione, salute, sicurezza e privacy, pubblica amministrazione, economia, commercio, fisco). L’ecosistema della tecnologia digitale interessata da questo Progetto comprende, tra l’altro, tematiche particolarmente sensibili di questi tempi, quali le reti wireless di prossima generazione “5G”, il cloud computing, l’analisi deibig data, l’Intelligenza Artificiale (IA)[3], la blockchaino Distributed Ledger Technology (DLT), l’Internet of Things (IoT) e la potenza di calcolo.

Il recente congresso tenutosi a Parigi,[4] in occasione della chiusura dei lavori della prima fase (2017-2018) del Progetto, offre una buona opportunità per illustrare sinteticamente le caratteristiche, lo stato dei lavori,i risultati e i percorsi futuri del Progetto.

Il presente lavoro[5] si pone, inoltre, come propedeutico ad una serie di note nelle quali si affronteranno alcune tra le più salienti tematiche dell’era digitale oggetto del Progetto.

 

Lineamenti generali del Progetto “Going Digital”

Il Progetto, lanciato ufficialmente all’inizio del 2017, nasce dalla visione dei quattro presidenti dei Comitati per le politiche per le scienze, la tecnologia e l’innovazione (STI, Science, Technology and Innovation) nell’autunno del 2015, nell’ambito di riflessioni sul Programma di lavoro e budget (“PWB”, Programme of Work and Budget) del 2017-2018 e ha guadagnato ulteriore sostegno e slancio grazie a una serie di riunioni ministeriali settoriali, in particolare in materia di politica per le scienze e la tecnologia (ottobre 2015), per l’occupazione (gennaio 2016), per le competenze (giugno 2016) e per l’economia digitale (giugno 2016), nonché grazie alla riunione del Consiglio ministeriale (“MCM”, Ministerial Council Meeting) del 2016 e alla conseguente dichiarazione con cui “si incoraggia l’OCSE a mettere a punto una politica orizzontale sulla strategia per la digitalizzazione, le sue opportunità e le sue sfide”. Dopo l’MCM 2016, l’iniziativa è stata ulteriormente sviluppata e inclusa nel PWB 2017-2018 come progetto orizzontale, approvato dal Consiglio nella sua riunione del 16 novembre 2016.

Il Progetto è sostanzialmente fondato su un “modello politico integrato” (“Integrated Policy Framework”)[6] condiviso, flessibile, lungimirante e trasversale. In esso sono valorizzate sette dimensioni fondamentali per la politica – accesso, uso, innovazione, fiducia, occupazione, società e apertura al mercato – supportati da indicatori quantitativi e orientamenti politici pratici.

L’obiettivo generale del Progetto è di supportare enti governativi, politici, economici, monetari, a comprendere meglio la trasformazione digitale in corso e a sviluppare gli strumenti per creare un ambiente politico che consenta all’economia e alla società di prosperare in un mondo sempre più digitale e basato sui dati. Con il Progetto, dunque, l’OCSE vuole proporre una visione onnicomprensiva sullo stato, gli effetti, i benefici attesi e le questioni sollevate dalla digitalizzazione nei diversi settori e nelle diverse aree politiche dal che, secondo i promotori del Progetto, dovrebbe anche potersi ricavare un’analisi mirata delle questioni chiave di carattere trasversale, quali, ad esempio lavoro e competenze, produttività, struttura della concorrenza e del mercato, sfide sociali e benessere.

Muovendo da tali presupposti, i gruppi di lavoro dedicati al Progetto elaborano una serie di studi e note politiche indipendenti, una relazione per l’MCM e un rapporto finale di sintesi da ultimo avutosi ad esito del menzionato “Going Digital” Summit. È previsto che detti studi empirici siano accompagnati da una serie di incontri con tavole rotonde e dibattiti su come sviluppare: i) strategie digitali di livello nazionale, ii) una o più Raccomandazioni del Consiglio OCSE sulla trasformazione digitale, iii) un Toolkit Going Digital[7], con un quadro politico integrato che possa fornire esempi pratici e buone prassi a tutti i paesi.

 

La governancedel Progetto

Il Progetto è guidato da un apposito organo, il Comitato per la politica per l’economia digitale (“Committee on Digital Economy Policy”)[8], che si avvale del lavoro di altri tredici comitati:

  • il Comitato per la concorrenza,
  • il Comitato per la politica sui consumatori,
  • il Comitato per l’industria, l’innovazione e l’imprenditorialità,
  • il Comitato per le assicurazioni e le pensioni private,
  • il Comitato per i mercati finanziari,
  • il Comitato per gli affari fiscali,
  • il Comitato per la politica scientifica e tecnologica,
  • il Comitato per la statistica e la politica statistica,
  • il Comitato per la politica economica,
  • il Comitato per la politica in materia di istruzione,
  • il Comitato per l’occupazione, il lavoro e gli affari sociali,
  • il Comitato per la governance pubblica,
  • il Comitato per il commercio.

Altri organi ed enti potranno essere di volta in volta coinvolti a vario titolo nel Progetto (e.g. Forum sui trasporti internazionali, Comitato per la salute, Comitato per la politica ambientale, Comitato per l’agricoltura, Comitato per gli investimenti e Agenzia internazionale per l’energia).

 

I pilastri del Progetto

Il Progetto è fondato su tre pilastri, con ognuno dei quali si promuove un nuovo approccio alla trasformazione digitale e ai suoi effetti su economie e società.

IlPilastro 1 (“Horizontal activities”) integra il menzionato “modello politico integrato” ai fini della crescita, del benessere e delle attività che richiedono la collaborazione tra tutte le aree politiche, inclusi eventuali approfondimenti su alcune nuove tecnologie, altri fattori chiave e loro effetti sul piano politico. In tal modo, secondo l’OCSE, si genererà la consapevolezza di una nuova visione “globale” e si consentirà di comprendere come le politiche dei vari paesi potrebbero o dovrebbero adattarsi. Questo Pilastro comprende, inoltre, altre attività con rilevanza interdisciplinare inclusive di ulteriori progetti da svilupparsi in tema di: lungimiranza, utilizzo delle tecnologie digitali per migliorare la progettazione e l’attuazione delle politiche, sicurezza digitale e resilienza nei settori essenziali, coerenza delle politiche.

Il Pilastro 2 (“Domain-specific insights”) prevede lo sviluppo di un’analisi in specifiche aree politiche (per esempio fisco, commercio, concorrenza, ecc.) e nell’economia più in generale, come indicato nei programmi di lavoro di ciascun comitato OCSE per il 2017-2018. Uno dei principali obiettivi di questo Pilastro è di ottenere un mix di analisi qualitativa e indicatori quantitativi da parte di esperti che consenta di mostrare, anzitutto empiricamente, la misura, la natura, i vantaggi e le sfide della trasformazione digitale in ogni area politica e nell’economia nel senso più ampio.

Il Pilastro 3 (“Cross-cutting analysis”) prevede la istituzione di una serie di moduli incentrati su importanti questioni trasversali. Esso comporterà una profonda analisi di specifiche grandi sfide dell’era digitale che abbiano punti d’intersezione con più aree politiche. I moduli chiave riguardano i posti di lavoro e le competenze nell’economia digitale, le implicazioni della trasformazione digitale per la produttività, la concorrenza e la struttura del mercato, la misurazione della trasformazione digitale e l’efficacia della trasformazione digitale per la società e per il benessere.

 

Le fasi del Progetto

È previsto che il Progetto si sviluppi lungo due fasi nel corso di quattro anni (2017-2020).

La prima fase (annualità 2017-2018) si è appunto conclusa con il congresso “Going Digital Summit” tenutosi a Parigi nei giorni 11-12 marzo 2019. In tale occasione sono stati divulgati due report (“Going Digital: Shaping Policies, Improving Lives[9], “Measuring the Digital Transformation: A Roadmap for the Future”)[10], ed è stato rilasciato un strumento interattivo di dati online (“Going Digital Toolkit”)[11]. I capisaldi di queste pubblicazioni risiedono nel già menzionato “modello politico integrato” posto a fondamento di tutto il Progetto.

La seconda fase del Progetto (annualità 2019-2020), mirerà invece a supportare i paesi membri nell’implementazione di un approccio politico integrato, in particolare attraverso l’ulteriore sviluppo del Going Digital Toolkit (inclusi indicatori, note politiche ed esempi di politiche innovative) e la revisione su base nazionale del Progetto. Durante questa fase si studieranno, inoltre, nuove opportunità e sfide attraverso l’analisi delle c.d. “tecnologie di frontiera”, in particolare l’IA e la blockchain, con un’attenzione costante a occupazione, competenze e inclusione sociale, nonché a produttività, concorrenza e strutture di mercato. Durante il prossimo evento, previsto per i giorni 22-23 maggio 2019, si terrà l’assemblea del MCM presieduta dalla Repubblica slovacca e in tale sede verrà posta particolare attenzione all’analisi dello sfruttamento della transizione digitale per avviare uno sviluppo sostenibile.

 

L’attualità e i percorsi futuri del Progetto

L’ambizioso Progetto dell’OCSE è da accogliersi con favore.

Va condivisa l’esigenza paventata dal Progetto di un approccio “globale” alle tematiche digitali, che sia anche condiviso, integrato e interdisciplinare. È dunque opportuno, come anche osserva l’OCSE, che venga colmato il divario tra la “Tecnologia 4.0” e la “Politica 1.0”. Peraltro, nei paesi membri, come anche in altri paesi, la risposta politica alla trasformazione digitale non è uniforme. Alcuni paesi stanno sviluppando un approccio strategico e proattivo per meglio far leva sui benefici di tale trasformazione operando sulle politiche di governo, mentre altri paesi promuovono provvedimenti frammentari a fronte di specifiche necessità per area d’intervento (es. cyber-security) e l’impatto di nuove tecnologie, di nuove applicazioni e nuovi business model.

A tutti i livelli si è consci che nell’”era digitale”, globale e interconnessa, la mancanza di un approccio internazionale condiviso potrebbe, per esempio, incrementare il rischio che le politiche di un’area abbiano impatti involontari e probabilmente avversi su altre aree, come anche il rischio che vadano perdute opportunità di creare sinergie capaci invece di potenziarne gli effetti positivi.[12][13]

In questo contesto è poi cruciale che il costante sviluppo delle tecnologie moderne – si pensi a big data, deep learning, cloud compunting, IA, DLT – sia accompagnato dalla consapevolezza che la trasformazione digitale può generare (o migliorare il) benessere delle persone, in quanto individui di una società vocata alla digitalizzazione, prima ancora che quello di governi e di imprese.

Naturalmente, è bene che ciò avvenga in un’ottica di contemperamento dei benefici della globalizzazione e della digitalizzazione con quelli di uno sviluppo economico-sociale sostenibile che possa preservare i valori fondamentali dell’uomo nell’era digitale.

 

Tiziana Zona

Alessandro Foti

 


[1] Storicamente, istituita nel 1948 come Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea (OECE), nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale, l’organizzazione si poneva l’obiettivo di utilizzare efficientemente gli aiuti statunitensi dell’European Recovery Program anche noti come Piano Marshall, e così valorizzare il processo di integrazione europea e di unione economica. Nel 1961, ad esito di una profonda riorganizzazione, l’OECE divenne l’OCSE, un’organizzazione internazionale di studi economici con ruolo essenzialmente di assemblea consultiva tra i paesi membri. Gli obiettivi istituzionali erano, e sono tutt’ora, rappresentati dall’integrazione e cooperazione economica e finanziaria tra i paesi membri (attualmente 36 inclusa l’Italia) promossi attraverso strategie politiche condivise e integrate per il benessere economico e sociale. Tali attività si evolvono naturalmente in accordi, convenzioni e raccomandazioni cui i paesi membri si impegnano ad aderire per conseguire gli obiettivi istituzionali. La struttura istituzionale dell’OCSE comprende: un consiglio composto da un rappresentante per ogni paese; un comitato esecutivo composto dai rappresentanti di delegazioni permanenti di 14 membri eletti annualmente; i comitati e i gruppi di lavoro specializzati; le delegazioni permanenti dei paesi membri sotto forma di missioni diplomatiche dirette quindi dagli ambasciatori; il segretariato internazionale, a disposizione dei comitati e degli altri organi. http://www.oecd.org/about/).

[2] Le informazioni del progetto OCSE contenute in questa nota sono state reperite dal sito istituzionale del progetto raggiungile dal link: http://www.oecd.org/going-digital/.

[3] Per un preliminare approccio a taluni rilevanti profili giuridici correlati alla IA ci sia consentito rinviare alle notazioni di R.A. JACCHIA, S.CAPRUZZI, “Le nuove sfide dell’intelligenza artificiale. Proprietà intellettuale, etica e soggettività giuridica” reperibile tramite il link https://www.dejalex.com/wp-content/uploads/2019/02/Articolo_Intelligenza-artificiale-25.02.2019-formato-pubblicazione.pdf.

[4] Nei giorni 11 e 12 marzo si è svolto, presso il Centro Conferenze OCSE a Parigi, il “Going Digital” Summit, un evento organizzato per discutere i risultati dei primi due anni dell’omonimo progetto OCSE. Il Consigliere Giuridico del Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, Marco Bellezza, in qualità di capo della delegazione italiana, ha partecipato al panel “Policy Making in the Digital Age” e ha relazionato sulle misure introdotte dal Governo, su impulso del Ministro, per accompagnare e sostenere le imprese nel processo di digitalizzazione in corso, rappresentando le più recenti iniziative come il Fondo Nazionale Innovazione a supporto di startup, scaleupe PMI innovative (https://www.mise.gov.it/index.php/it/per-i-media/notizie/2039412-il-mise-partecipa-al-going-digital-summit-dell-ocse).

[5] Le informazioni del progetto OCSE contenute in questa nota informativa sono reperite prevalentemente dal sito istituzionale del progetto raggiungile dal link: http://www.oecd.org/going-digital/.

[6] Si veda http://www.oecd.org/going-digital/framework/.

[7] Si veda al riguardo http://goingdigital.oecd.org/en/ vedasi infra per maggiori dettagli.

[8] Per maggiori informazioni sulla governance si veda, tra gli altri, il primo 2017 Horizontal Project Update to Council [C(2017)27/REV1].

[9] Il report sviluppa le 7 aree di interesse (o dimensioni) individuate nel “modello politico integrato” che dovrebbero consentire ai soggetti interessati dalla digitalizzazione di ripensare la trasformazione digitale di guisa che le sue caratteristiche possano essere sfruttate al meglio per generare benessere. Più in dettaglio nel report sono esaminati i seguenti profili: (1) Accesso a infrastrutture di comunicazione, servizi e dati, (2) Uso effettivo delle tecnologie digitali e dati, (3) Data-driven e innovazione digitale, (4) Una buon occupazione per tutti, (5) Prosperità sociale e inclusione, (6) Fiducia nell’era digitale, (7) Apertura al mercato negli ambienti di business digitali. Il report inoltre evidenzia le opportunità, le sfide e le politiche chiave relative a ciascuna dimensione, offrendo nuovi approfondimenti, prove e analisi e fornendo raccomandazioni per migliorare le politiche di governo nell’era digitale (OECD (2019), Going Digital: Shaping Policies, Improving Lives, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/9789264312012-en).

[10] Il report fornisce informazioni aggiornate sullo stato della trasformazione digitale mappando degli indicatori su una vasta gamma di aree tematiche – dall’educazione e innovazione, agli scambi e ai risultati economici e sociali – e confrontandoli anche con le attuali tematiche di politica digitale evidenziate con il report coevo. In tal modo vengono identificate le lacune dell’attuale sistema di monitoraggio delle tecnologie digitali, valutati i progressi e definita una tabella di marcia lungimirante. L’obiettivo dichiarato è quello di espandere la base di conoscenze, come mezzo per gettare le basi per politiche più solide per la crescita e il benessere nell’era digitale. In questa prospettiva il report propone nove azioni per costruire la prossima generazione di dati e indicatori in grado di affrontare le sfide della trasformazione digitale: (1) Rendere visibile la trasformazione digitale nelle statistiche economiche, (2) Comprendere gli impatti economici della trasformazione digitale, (3) Misurare il benessere nell’era digitale, (4) Progettare nuovi approcci alla raccolta dei dati, (5) Monitorare le tecnologie di trasformazione (in particolare IoT, IA e blockchain), (6) Dare senso ai dati e ai flussi di dati, (7) Definire e misurare le competenze necessarie nell’era digitale, (8) Misurare la fiducia negli ambienti online, (9) Valutare i punti di forza digitali dei governi (OECD (2019), Measuring the Digital Transformation: A Roadmap for the Future, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/9789264311992-en).

[11] Il “Going Digital Toolkit” è strutturato sulla base delle 7 dimensioni politiche individuate nel “modello politico integrato” per consentire ai paesi di verificare il loro livello di sviluppo digitale. Questo strumento, inoltre, mostra in che modo i paesi si confrontano sulle 7 dimensioni proponendo linee guida e analisi per aiutare i paesi a realizzare quelle che sono considerate le “promesse” della trasformazione digitale. Nell’ambito di questa attività è stato di recente realizzato e pubblicato l’esito di uno studio comparatistico su opportunità e rischi dell’era digitale per il benessere degli individui (OECD (2019), How’s Life in the Digital Age?: Opportunities and Risks of the Digital Transformation for People’s Well-being, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/9789264311800-en.). È interessante osservare che, secondo questo studio, l’Italia risulta essere più esposta ai rischi della trasformazione digitale piuttosto che poter ritrarre benefici da essa, se paragonata ad altri paesi OCSE. A titolo di esempio, viene rilevato che tra i principali fattori incidenti sul (poco entusiasmante) score del nostro paese vi sono: la disparità d’uso di internet – ossia a fronte di un numero limitato di persone che usa internet per svariate attività la maggioranza delle persone ne fa un uso molto limitato -, e le profonde lacune in materia Information and Communications Technology tra i docenti – per il 36% di costoro vi sarebbe una concreta necessità di sviluppare abilità ICT.

[12] Si pensi ad esempio, alle restrizioni sui programmi di car sharing i quali possono imporre barriere a discapito di chi non ha un’automobile, portare a un uso inefficiente degli spazi urbani e così, tra l’altro, vanificare le politiche a supporto degli anziani. Le nuove opportunità di digitalizzazione dell’ambiente domestico, come le “smart home”, andrebbero coordinate con le politiche delle diverse aree, dai trasporti all’energia, dagli alloggi alla comunicazione, dall’istruzione all’assistenza sanitaria. Nel campo finanziario possono rendersi necessari nuovi approcci normativi (e.g. “sandbox”) per bilanciare i benefici dell’innovazione con i rischi per la stabilità finanziaria e la tutela dei consumatori.

[13] Va detto che nel contesto dell’OCSE, anche prima del Progetto qui in discorso, si sono già avuti progressi importanti negli aspetti chiave delle politiche per affrontare scientemente l’”era digitale”.Tra i tanti si ricordano, la Raccomandazione del Consiglio sui principi per le politiche in materia di internet [C(2011)154], la Raccomandazione del Consiglio sulle strategie del governo digitale [C(2014)88] e la Dichiarazione sull’economia digitale: innovazione, crescita e prosperità sociale [C(2016)116]. Si deve tuttavia anche osservare come ciò non abbia sinora sortito, quantomeno nella maggioranza dei paesi OCSE, gli effetti evolutivi attesi.

Startup verso quota 9mila

È online la 15a edizione del rapporto trimestrale sui trend demografici e le performance economiche delle startup innovative italiane, che presenta dati aggiornati al 31 marzo 2018.

Per la prima volta, le startup innovative vengono raffrontate a una popolazione con caratteristiche analoghe sul piano anagrafico e dimensionale, vale a dire le altre società di capitali costituite da meno di 5 anni e con un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro – due dei requisiti propri della definizione di startup innovativa di cui al d.l. 179/2012.

Questa evoluzione consente al lettore di mettere a fuoco con maggiore nitidezza le caratteristiche distintive del fenomeno. Spiccano alcuni dati:

  • La popolazione complessiva delle startup innovative si avvia verso le 9mila unità (8.897), in aumento di 506 unità rispetto a fine 2017. Anche i valori riguardanti la forza lavoro, con particolare riguardo alla componente dei soci (+5,6%), e il capitale sottoscritto (+18%) risultano in forte crescita.
  • La loro incidenza sul totale delle nuove società di capitali varia significativamente a seconda del settore. Ad esempio, è startup innovativa il 7,4% delle nuove imprese del comparto dei servizi. Ma scomponendo quest’ultimo sulla base della codificazione Ateco, l’incidenza aumenta notevolmente nei settori dello sviluppo di software (32,2%) e, soprattutto, della ricerca e sviluppo (65,6%).
  • Caratteristica che distingue marcatamente le startup innovative dalle altre nuove imprese è l’elevata propensione all’investimento: il rapporto tra immobilizzazioni e attivo patrimoniale è pari al 27,7%, più di sei volte maggiore rispetto al valore registrato dalle altre società di recente costituzione (4,3%).
  • La Lombardia si conferma la regione capofila per numero di startup innovative, superando quota duemila: 2.132, pari al 24% del totale nazionale. Seguono il Lazio, con 911 (10,2%), che per la prima volta supera l’Emilia-Romagna, ferma a 884 (9,9%). Al quarto posto rimane il Veneto con 822 (9,2%), seguito dalla Campania, prima regione del Mezzogiorno con 658 (7,4%).
  • Rispetto alle altre nuove società di capitali, le startup innovative sono tendenzialmente più giovani: gli under-35 compaiono in quasi una startup su due (44,4%), contro il 34,5% fatto registrare dalle altre neo-imprese.

 

Il rapporto, realizzato congiuntamente da Ministero (DG per la Politica Industriale) e InfoCamere, la società informatica del sistema camerale, in collaborazione con Unioncamere, contiene numerose altre informazioni sulla distribuzione geografica e settoriale delle startup, sull’occupazione da esse creata, nonché i principali dati di bilancio riferiti all’esercizio 2016.

Primo trimestre 2018 – Cruscotto di indicatori statistici sulle startup innovative

 

Fonte: Ministero dello sviluppo economico

Start-up innovative: i nuovi criteri per l’accesso alle agevolazioni economiche (Circ. 102159/2018)

Con Circolare del 14 febbraio 2018, n. 102159, il Ministero dello Sviluppo Economico ha modificato e integrato la propria Circolare del 10 dicembre 2014 n. 68032 relativa ai criteri e alle modalità di concessione di agevolazioni ai sensi del D.M. 24 settembre 2014 per il sostegno alle start-up innovative.

100 milioni di euro per la digitalizzazione delle PMI

Fonte: http://www.sviluppoeconomico.gov.it

A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della delibera CIPE del 10 luglio 2017, che ha completato la dotazione finanziaria e l’ha ripartita tra le regioni, dal 30 gennaio al 9 febbraio 2018 sarà possibile per le micro, piccole e medie imprese di tutto il territorio nazionale presentare la domanda per l’ottenimento del contributo in forma di voucher per l’acquisto di hardware, software e servizi specialistici finalizzati alla digitalizzazione dei processi aziendali e all’ammodernamento tecnologico.

Ciascuna impresa può beneficiare di un unico voucher di importo non superiore a 10 mila euro, nella misura massima del 50% del totale delle spese ammissibili.

Entro 30 giorni dalla chiusura dello sportello il Ministero adotterà un provvedimento cumulativo di prenotazione del Voucher, su base regionale, contenente l’indicazione delle imprese e dell’importo dell’agevolazione prenotata.

Nel caso in cui l’importo complessivo dei Voucher concedibili sia superiore all’ammontare delle risorse disponibili (100 milioni di euro), queste saranno ripartite in proporzione al fabbisogno derivante dalla concessione del Voucher da assegnare a ciascuna impresa beneficiaria. Ai fini del riparto saranno considerate tutte le imprese ammissibili alle agevolazioni che avranno presentato la domanda nel periodo di apertura dello sportello, senza alcuna priorità connessa al momento della presentazione.

Verificata la documentazione finale che le imprese sono tenute a presentare entro 30 giorni dalla data di ultimazione delle spese, che dovranno essere sostenute dopo la comunicazione dell’avvenuta prenotazione del contributo, il Ministero determinerà l’importo del Voucher da erogare in relazione ai titoli di spesa risultati ammissibili.

Nell’ambito della dotazione finanziaria complessiva è prevista una riserva destinata alla concessione del Voucher alle micro, piccole e medie imprese che hanno conseguito il rating di legalità e che sono quindi incluse nel relativo elenco dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

 

Voucher per la digitalizzazione delle PMI

Fonte: http://www.sviluppoeconomico.gov.it

Cos’è

È una misura agevolativa per le micro, piccole e medie imprese che prevede un contributo, tramite concessione di un “voucher”, di importo non superiore a 10 mila euro, finalizzato all’adozione di interventi di digitalizzazione dei processi aziendali e di ammodernamento tecnologico.

La disciplina attuativa della misura è stata adottata con il decreto interministeriale 23 settembre 2014.

 

Cosa finanzia

Il voucher è utilizzabile per l’acquisto di software, hardware e/o servizi specialistici che consentano di:

  • migliorare l’efficienza aziendale;
  • modernizzare l’organizzazione del lavoro, mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici e forme di flessibilità del lavoro, tra cui il telelavoro;
  • sviluppare soluzioni di e-commerce;
  • fruire della connettività a banda larga e ultralarga o del collegamento alla rete internet mediante la tecnologia satellitare;
  • realizzare interventi di formazione qualificata del personale nel campo ICT.

Gli acquisti devono essere effettuati successivamente alla prenotazione del Voucher.

 

Le agevolazioni

Ciascuna impresa può beneficiare di un unico voucher di importo non superiore a 10 mila euro, nella misura massima del 50% del totale delle spese ammissibili.

 

Come funziona

Con decreto direttoriale 24 ottobre 2017 sono state definite le modalità e i termini di presentazione delle domande di accesso alle agevolazioni. Le domande potranno essere presentate dalle imprese, esclusivamente tramite la procedura informatica che sarà resa disponibile in questa sezione, a partire dalle ore 10.00 del 30 gennaio 2018 e fino alle ore 17.00 del 9 febbraio 2018. Già dal 15 gennaio 2018 sarà possibile accedere alla procedura informatica e compilare la domanda. Per l’accesso è richiesto il possesso della Carta nazionale dei servizi e di una casella di posta elettronica certificata (PEC) attiva e la sua registrazione nel Registro delle imprese.

Entro 30 giorni dalla chiusura dello sportello il Ministero adotterà un provvedimento cumulativo di prenotazione del Voucher, su base regionale, contenente l’indicazione delle imprese e dell’importo dell’agevolazione prenotata.

Nel caso in cui l’importo complessivo dei Voucher concedibili sia superiore all’ammontare delle risorse disponibili (100 milioni di euro), il Ministero procede al riparto delle risorse in proporzione al fabbisogno derivante dalla concessione del Voucher da assegnare a ciascuna impresa beneficiaria. Tutte le imprese ammissibili alle agevolazioni concorrono al riparto, senza alcuna priorità connessa al momento della presentazione della domanda.

Ai fini dell’assegnazione definitiva e dell’erogazione del Voucher, l’impresa iscritta nel provvedimento cumulativo di prenotazione deve presentare, entro 30 giorni dalla data di ultimazione delle spese e sempre tramite l’apposita procedura informatica, la richiesta di erogazione, allegando, tra l’altro, i titoli di spesa.

Dopo aver effettuato le verifiche istruttorie previste, il Ministero determina con proprio provvedimento l’importo del Voucher da erogare in relazione ai titoli di spesa risultati ammissibili.

 

Alessandro Foti

Startup innovative: pienamente operative le modifiche agli incentivi per gli investimenti in equity

Roma, 02 ottobre 2017 – Sono pienamente operative le modifiche che hanno rafforzato e reso permanenti gli incentivi fiscali per chi investe in startup innovative, previste dalla legge di bilancio per il 2017 e ora autorizzate dalla Commissione europea (SA 47184) che il 18 settembre ha pubblicato la relativa decisione.

Gli incentivi, volti a sostenere la nascita e lo sviluppo di imprese innovative ad alto valore tecnologico, sono destinati sia alle persone fisiche che alle persone giuridiche che decidono di investire nel capitale delle startup innovative.

Per le persone fisiche è prevista una detrazione dall’IRPEF lorda pari al 30% della somma investita nel capitale sociale delle startup innovative, fino ad un investimento massimo di un milione di euro annui.

Le persone giuridiche possono beneficiare di una deduzione dall’imponibile IRES pari al 30% dell’investimento, con tetto massimo di investimento annuo pari a 1,8 milioni di euro.

Gli incentivi sono usufruibili sia in caso di investimenti diretti, sia in caso di investimenti indiretti per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) e di altre società che investono prevalentemente in tali società.

Tali agevolazioni potranno essere fruite stabilmente: la legge di bilancio per il 2017, infatti, le ha rese permanenti.

 

Ministero dell’Economia e delle Finanze

Voto favorevole per la proposta della Commissione europea volta a ridurre la presenza di acrilammide negli alimenti

Clicca qui per la leggere l’articolo in inglese

 

In data 19 luglio 2017, i rappresentanti degli Stati membri hanno votato a favore della proposta della Commissione europea volta a ridurre la presenza di acrilammide negli alimenti.

L’acrilammide è una sostanza cancerogena che si sviluppa negli alimenti durante i processi di lavorazione a temperatura elevata quali frittura, tostatura e cottura al forno. Tale sostanza si forma a partire dall’asparagina libera e dagli zuccheri naturalmente presenti soprattutto in prodotti alimentari a base di cereali o patate, nel caffè e nei suoi succedanei.

La presenza di acrilammide negli alimenti è stata rilevata nel 2002. Nel 2015 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha confermato che l’acrilammide è una sostanza cancerogena e che i livelli attuali di esposizione alimentare destano preoccupazione. In seguito al parere dell’EFSA e considerando che le misure di attenuazione volontarie da parte degli Stati membri volte a ridurre la presenza di acrilammide negli alimenti non sono state omogenee, la Commissione europea ha avviato un dibattito con le autorità degli Stati membri, che si è concluso con il voto favorevole alla proposta di cui sopra.

Prima dell’approvazione definitiva da parte della Commissione, il testo della proposta sarà trasmesso al Consiglio e al Parlamento europeo che avranno 3 mesi di tempo per esaminarlo.

Il Commissario per la Salute e la sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis, ha dichiarato: “Oggi abbiamo compiuto un passo importante per tutelare la salute e il benessere dei cittadini. Il nuovo regolamento contribuirà non solo a ridurre la presenza di questa sostanza cancerogena, ma anche a sensibilizzare l’opinione pubblica su come evitare l’esposizione spesso connessa alla preparazione degli alimenti a casa.”

 

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Giovanna Bagnardi e Davide Scavuzzo

Positive vote on the European Commission proposal to reduce the presence of acrylamide in food

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On 19 July 2017, Member States representatives voted in favour of European Commission’s proposal to reduce the presence of acrylamide in food.

Acrylamide is a carcinogenic substance that appears in food during high temperature processing, such as frying, roasting and baking. This substance forms from naturally present free asparagine and sugars, particularly in potato-based products, cereal-based products, coffee and coffee substitutes.

The presence of acrylamide in food was detected in 2002. In 2015, the European Food Safety Authority (EFSA) confirmed that acrylamide is a carcinogenic substance and that current levels of dietary exposure to acrylamide indicate a concern. Following EFSA’s opinion, and considering that voluntary mitigation measures by Member States to reduce the presence of acrylamide in foods varied widely, the Commission started discussions with Member States’ authorities which ended with a favourable vote for the above mentioned proposal.

Before the final adoption by the Commission, the text of the proposal will be sent to the Council and the European Parliament, which will have three months to examine it.

Commissioner for Health and Food Safety, Vytenis Andriukaitis, stated that: “Today we took an important step in protecting the health and well-being of citizens. The new regulation will not only help to reduce the presence of this carcinogenic substance but also will help raise awareness on how to avoid the exposure to it that oftentimes comes from home-cooking.”

 

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Giovanna Bagnardi e Davide Scavuzzo

Nuovi aiuti supplementari ai frutticoltori europei

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In data 1 luglio 2017, le misure eccezionali a favore dei produttori di frutti deperibili colpiti dall’embargo sulle importazioni imposto dalle autorità russe sono state prorogate per un altro anno, fino alla fine di giugno 2018.

Le misure consistono in aiuti supplementari per un ammontare di 70 milioni di euro, destinati ai frutticoltori europei che, a causa dell’embargo sulle importazioni imposto dalla Russia nell’agosto 2014, rischiano di non trovare uno sbocco di mercato per i loro prodotti, compensando in particolare quei frutticoltori che scelgono di distribuire i prodotti in eccesso a determinate organizzazioni (enti di beneficienza, scuole) o di destinarli ad altri scopi.

Gli aiuti sono destinati specificamente al settore delle colture permanenti (alberi da frutto), in quanto meno adattabili ai cambiamenti, e si aggiungono ad una serie di altre misure di sostegno eccezionali per il mercato agricolo connesse all’embargo russo.

Gli agricoltori ricevono un finanziamento UE del 100% per i ritiri destinati alla cosiddetta distribuzione gratuita (ossia, cessione della frutta in beneficienza a fini di consumo), che consente di evitare gli sprechi alimentari. La frutta ritirata dal mercato ma non effettivamente consumata (ad esempio, inviata direttamente al compostaggio), o raccolta prima della maturazione (la cosiddetta vendemmia verde) o non raccolta affatto, riceve livelli di sostegno più bassi.

Il commissario per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale, Phil Hogan, ha dichiarato: “La Commissione ha fatto tutto quanto era in suo potere per sostenere i produttori europei danneggiati dall’embargo russo. La nuova proroga concessa costituisce un altro chiaro segnale della nostra determinazione a restare saldamente e risolutamente a fianco dei nostri agricoltori. Queste misure di sostegno vanno di pari passo con l’opera di modernizzazione e semplificazione della PAC attualmente in corso a beneficio dei nostri agricoltori e della società europea in generale”.

La misura riguarda 12 Stati membri, a cui verranno applicati volumi di ritiro differenziati per garantire che il sostegno finanziario arrivi ai produttori che più ne hanno bisogno.

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Giovanna Bagnardi e Davide Scavuzzo